Da oggi comincierò a pubblicare dei brevi contributi riguardanti i ritrovamenti archeologici avvenuti nell’area del Baldo-Garda nell’intento di rendere quanto più diffuse le notizie che abbiamo a disposizione per l’interpretazione dei paesaggi storici di queste aree. Tutto ciò in una prospettiva di conoscenza diffusa e di salvaguardia del patrimonio storico-archeologico. Spero possano essere utili.
1 – ARCHEOLOGIA SULLE PENDICI OCCIDENTALI DELLA ROCCA DI GARDA.
Nel 1920/21 a valle della Rocca di Garda, in direzione della sponda del lago omonimo, durante la costruzione della strada statale litoranea presso villa Ca’ Bianca (Carta archeologica n. 8), fu rinvenuta un’ara con dedica a Fortuna e Victoria da parte dei coniugi “Publici(u)s Festius e Festiva”. Il monumento, riprodotto in un opuscolo pubblicato ai tempi del rinvenimento, è databile tra il I e il II sec. d.C.; attualmente è irreperibile.
Poco distante nella località bosco della Rocca nel 1935, durante uno scavo per la costruzione di un muro alla profondità di circa 1,5 metri, fu rinvenuto un deposito votivo con alcune statuette fittili (cinque della dea Fortuna, una di Mercurio ed altre in frammenti) insieme ai reperti in ceramica (tra cui diversi incensieri) e ad una moneta di Faustino Maggiore (CAV, f 48, n.159). Il deposito è stato datato tra la prima metà del I sec. d.C. e la prima metà del II sec. d.C.; le statuette integre sembrerebbero provenire da una matrice identica a quella di altri esemplari rinvenuti a San Giorgio in Valpolicella in località il Cristo (BUONOPANE 1999).
Poco più a nord presso Villa Favetta (Carta archeologica n. 7) insiste un probabile insediamento di epoca imperiale romana. In quest’area sono stati rinvenuti tratti di una conduttura d’acqua, frammenti ceramici e di intonaco affrescato databili al I-II sec. d.C.; Negli anni settanta, in modalità di rinvenimento non determinata, furono rinvenuti anche i resti di una sepoltura di cui però non si hanno ulteriori notizie.
Nel febbraio del 1861 P.P. Martinati notò che: «inferiormente al colle detto Rocca di Garda, scendendo verso Bardolino […] si spiccavano dal fondo del lago tronconi di pali disposti in fila normale alla riva, distante da questa cinque piedi all’incirca»; venne quindi a sapere «che dagli spazi interposti erano stati ripescati, saranno oramai 40 anni, due vasi di terra ed uno di rame» (Carta archeologica n. 10). In seguito la palafitta venne visitata da G. Alberti che la giudico contemporanea a quelle di Pacengo (BOVO 1998). Nel 1881 De Stefani segnalò la scoperta di un insediamento palafitticolo ai piedi della Rocca Garda «sotto la strada che da Bardolino conduce a Garda»: si tratta con ogni probabilità della stessa stazione riconosciuta dalla Martinati. Il De Stefani riconobbe a circa 6-7 m di profondità una sorte di argine formato da detriti e, a circa 2 m di profondità, file o gruppi di pali che seguivano la linea dell’argine stesso e spuntavano dal fondo di circa 50 cm; vennero prelevati otto di questi pali, lunghi 1,50-2 m, che risultarono essere di quercia; presentavano inoltre tracce di lavorazione e, sulla testa, un incavo a forma di cuneo. Vennero recuperati sul fondo numerosi materiali, Tra cui piccoli frammenti di ceramica in ornata, un filo di bronzo, una piastrina di rame e tre di piombo, embrici romani; sulla spiaggia adiacente furono raccolti piccoli frammenti di ceramica (CAV, f 48, n. 20).
Sul lungolago che collega Garda con Bardolino e precisamente presso la località denominata “La Cavalla”, De Stefani (DE STEFANI 1881) prima e Orti Manara (ORTI MANARA 1844) poi, segnalarono la presenza di un vano voltato che denominarono “canevino”. Le strutture furono poi inglobate dall’installazione di opere riferibili ad un locale di ristoro. Nel novembre 2015 ho avuto l’opportunità di indagare direttamente questo sito in relazione ad un controllo archeologico avvenuto a seguito di lavori, effettuati nell’area, per la demolizione e ristrutturazione del locale commerciale. Le emergenze murarie venute alla luce, in continuità con la struttura voltata individuata dagli studiosi nel XIX secolo, si sono rivelate non ascrivibili all’epoca classica né ai primi anni del medioevo. Diverse strutture, in particolare a sud della pieve di Garda, sono attestate come cantine di conservazione di prodotti agricoli e del pescato già dal XVII secolo, denominate appunto “canevini”. E’ proprio in questo ambito cronologico che bisogna contestualizzare la struttura in questione, nessun elemento strutturale e/o di reperti hanno restituito cronologie precedenti. L’intero manufatto voltato, insieme ad un muro di contenimento della scarpata laterale, risultano poi tagliati dall’edificazione della più consistente opera muraria di contenimento del terreno messa in opera in relazione alla costruzione della linea ferroviaria Caprino-Garda della fine del XIX secolo.