Prima di tutto volevo ringraziare chi tra voi ha condiviso e apprezzato il mio primo post di questi “deliri archeologici”, siete stati veramente tanti. Leggendo alcuni commenti ho deciso, in questa In questa seconda puntata sull’archeologia del Baldo-Garda, di riportare le informazioni che abbiamo a disposizione dell’area nei pressi della Punta San Vigilio a Nord di Garda. Ho tralasciato volutamente tutte le tracce riferibili alle iscrizioni rupestri del monte Luppia perché andrebbero analizzate in maniera specifica. In generale ho lasciato fuori le notizie riguardanti i ritrovamenti specificatamente preistorici, come ad esempio le diverse sepolture riferibili alle civiltà dei VBQ (Vasi a bocca quadrata – Neolitico) o le tracce della la cultura del Vaso Campaniforme (Tarda età del Rame) rinvenuti nel complesso della Rocca di Garda. Mi riprometto (prossimamente) di fare un sunto complessivo dei ritrovamenti preistorici dell’intero territorio in esame in modo da avere un quadro complessivo delle informazioni che fino ad ora abbiamo a disposizione. Buona lettura.
2 – ARCHEOLOGIA NELL’AREA DI PUNTA SAN VIGILIO A GARDA
A nord della Rocca insiste l’area territoriale del comune di Garda caratterizzato dalla conca glaciale che forma un anfiteatro di circa 2 km di diametro alzandosi verso il territorio comunale di Costermano. L’intera morfologia prende quindi forma da questa caratteristica conformazione, intaccata da diversi tagli sui lati delle pareti dovuti agli scolatori glaciali, trasformati in piccole valli provenienti dai versanti più meridionali del complesso del monte Baldo. Di questo valli, le più importanti le possiamo individuare nella valle dei Molini, attraversata dal fiume Gusa, e dalla Val Volpara con l’omonimo torrente che, allo sfociare nel lago di Garda, forma un lembo di terra denominato non a caso dal toponimo “corno”. Proprio nei pressi di questa particolare morfologia della costa, nel costruire una strada perpendicolare alla gardesana, si rinvennero i resti di due sepolture ad inumazione a circa 1,5 metri di profondità (Carta archeologica n. 9). La prima, costruita in rozze pietre di scaglia di Torri con tracce di calce, conteneva due scheletri insieme ad un piccolo piatto in terracotta e una lucerna fittile senza bollo, mentre l’altra era costituita da ammassi di pietre locali e ricoperta da tegole rettangolari in argilla rossa e gialla contenente una inumazione femminile corredata di un rozzo bracciale bronzeo e un vaso di terracotta.
Percorrendo la sponda del lago di Garda verso ovest e precisamente nella località Scaveiaghe, dove sorge l’ottocentesca villa Carlotti, si collocherebbe una grande villa romana (Carta archeologica n. 6). Il sito è da sempre denominato come “muri pagani”. Secondo Buchi (BUCHI 1987, p. 110) l’appartenenza dei ritrovamenti nei dintorni della residenza è da attribuire ad una villa romana avendo rilevato in situ intonaci dipinti, lacerti di pavimentazione, materiali architettonici e mattoni in cotto di forma esagonale, che ne confermerebbero la tesi. A poca distanza nel 1931 in occasione dei lavori di costruzione della strada gardesana furono rinvenuti i resti di alcune sepolture ad inumazione. In particolare i rinvenimenti effettuati consistettero in alcuni frammenti di lucerne fittili e vasi in terracotta oltre ad un coltello in ferro e ossi animali. Una lastra, probabilmente utilizzata come copertura di una delle tombe, è ancora visibile nella muratura di contenimento della strada. Non è da escludere che questa necropoli fosse di pertinenza alla villa romana presente presso la villa Carlotti.
Spostandoci verso la Punta San Vigilio, dove non sono mai state effettuate indagini archeologiche stratigrafiche mirate, la posizione stessa del sito e diversi ritrovamenti sporadici portano a pensare ad una frequentazione fin dall’epoca classica di questo suggestivo luogo (Carta archeologica n. 71). Qui fu rinvenuto un altare con dedica al Dio Benacus. Successus, schiavo di Q. Samicius Myrinus, rinnova la dedica per la seconda volta dopo aver ricevuto l’affrancamento dalla servitù. Interessante è la rara testimonianza relativa a un “alumnus”, termine che indica una persona allevata o educata da un soggetto diverso dai propri genitori (Corp. Inscr. Latina Vol. 5 P 2 Nd 1959, Volume 2; BUONOPANE 1997). Da Persico, studioso del XIX secolo, segnalò che in quest’area «[…] scavando trovaronsi antiche mura con sacre dipinture, una serraglia d’arco greco di marmo e vota a nicchia, grossi quadrelli di cotto esagoni ed altri più larghi con labello d’acquedotto» (DA PERSICO 1821).
Poco ad est, nel punto in cui il promontorio del monte Luppia spicca dal livello lacustre, sono attestati fronti di cava, ritenuti importanti sia sotto il profilo geologico per la presenza dell’oolite (particolare calcare che prende il nome proprio da questo posto: Oolite di Capo San Vigilio) sia perché questo particolare materiale calcareo è stato utilizzato in diverse strutture di epoca classica e moderna dell’intera provincia (Anche in questo caso il Da Persico riferisce che: «Sui pendio del monte si ha una cava di pietra, donde si fornisce Peschiera»; DA PERSICO 1821).
Altri interessanti ritrovamenti sono stati individuati presso la località Castei che si trova su un promontorio che sovrasta la punta San Vigilio. Il sito (Carta archeologica n. 5) presenta una conformazione morfologica ancora parzialmente preservata dalle numerose azioni di urbanizzazione che hanno interessato la sponda gardesana negli ultimi decenni. Si tratta di un rilievo collinare con sommità circolare limitato sul lato ovest da una parete scoscesa e sul lato nord un ripido pendio degradante verso una minuta sella terrazzata che presenta un microrilievo, dove sono leggibili i tratti di una muratura sepolta. Tutta l’area è caratterizzata da alcuni dossi, probabilmente segni di accumuli di crolli e dall’affioramento di litoidi. Il sito probabilmente consiste in un edificio fortificato (torre) a controllo della via lacustre, sicuramente legato alla funzionalità difensiva della Rocca di Garda. L’analisi ricognitiva ha restituito diversi laterizi e pietre da costruzione legate da malta bianca. A causa della fitta vegetazione boschiva presente insieme ad una coltre di foglie e sottobosco, nella maggior parte dell’area la visibilità del sito rimane scarsa se non nulla (SAGGIORO 2006). Al momento non sono determinabili le cronologie e l’estensione puntuale delle strutture presenti ma che probabilmente potrebbero essere riferibili ad un arco cronologico che va dal tardo-antico al pieno medioevo.